GIULIANOVA – La svolta che gli investigatori avevano più volte preventivato, convinti di aver imbroccato la pista giusta, è arrivata a sette mesi dall’arresto di padre e figlio: a uccidere la pittrice giuliese 64enne Renata Rapposelli, nell’ottobre di un anno fa, è stato il figlio quarantenne Simone Santoleri. A confessarlo, nel corso di una lunga e sofferta deposizione spontanea al pm Enrica Medori, è stato il padre Giuseppe, detenuto per concorso in omicidio volontario in un carcere diverso dal figlio. Il confronto con il magistrato che conduce l’inchiesta e che ha chiesto il giudizio immediato per entrambi, già fissato al prossimo 16 gennaio, si è svolto lunedì ma a rivelarlo sono state le trasmissioni Chi l’ha visto e Quarto grado. A confermarlo è stato l’avvocato di Giuseppe Santoleri, Alessandro Angelozzi, che ha parlato di un uomo «compresso psicologicamente, che si è voluto liberare di un grosso fardello». Giuseppe non ha resistito, da tempo non dormiva e non riusciva più a mangiare per iol rimorso, si è confidato con altri detenuti e sono stati questi alla fine a convincerlo di parlare con il magistrato. Ha raccontato come era riuscito a convincere la moglie a tornare da Ancona a Giulianova con la scusa che il figlio stesse male, perchè lui voleva tornare a vivere con Renata. Ma quando la donna è arrivata nella casa lungo la statale Adriatica, con Simone è scoppiato un litigio per una questione di soldi nel corso del quale l’aveva afferrata alle spalle con un braccio e l’aveva soffocata. I due poi avrebbero nascosto il corpo dentro le buste della spazzatura, caricato sulla Seicento e trasportato in contrada Pianarucci, sulle rive del Chienti, dove era stato ritrovato un mese dopo in avanzato stato di decomposizione.
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